I lavoratori immigrati guadagnano molto meno dei nativi nei Paesi occidentali: ecco perché

Uno studio internazionale ha rivelato che gli immigrati in Europa e Nord America devono affrontare un notevole divario retributivo rispetto ai lavoratori nativi, guadagnando in media il 17,9% in meno all’anno. La ricerca, pubblicata su Nature, ha esaminato i dati salariali di 13,5 milioni di lavoratori in nove Paesi tra il 2016 e il 2019, tra cui Stati Uniti, Canada, Germania, Francia, Spagna e diversi Stati nordici.

Mancanza di accesso a lavori altamente remunerativi

Lo studio ha rilevato che la maggior parte di questo divario di reddito – circa tre quarti – non deriva dalla disparità di retribuzione a parità di lavoro, ma dalla concentrazione degli immigrati nei settori e nelle posizioni meno retribuite. Anche quando gli immigrati e i nativi svolgevano lo stesso lavoro presso la stessa azienda, rimaneva un divario del 4,6%, il che suggerisce fattori come un potere contrattuale più debole, differenze di produttività o discriminazione, scrive Portfolio.

A livello di settore, la disparità era del 13%, mentre all’interno di specifiche occupazioni si riduceva a circa l’8-9%. I risultati indicano che gli immigrati tendono ad avere un accesso limitato ai ruoli di alto prestigio e meglio retribuiti, finendo spesso in aziende meno redditizie o meno produttive.

Differenze Paese per Paese

Il divario retributivo varia notevolmente tra i Paesi.

  • La Spagna e il Canada hanno registrato le maggiori disparità, dove gli immigrati hanno guadagnato quasi il 29% in meno rispetto ai nativi.
  • In Germania, Francia, Norvegia e Paesi Bassi, il divario variava tra il 15% e il 20%.
  • All’altra estremità della scala, la differenza era inferiore al 10% negli Stati Uniti, in Svezia e in Danimarca. Il divario relativamente minore della Svezia è stato collegato alla forte partecipazione degli immigrati nel settore pubblico.

La provenienza degli immigrati è importante

L’entità del divario retributivo dipende anche molto dalle origini dei lavoratori. Gli immigrati provenienti dall’Africa subsahariana hanno affrontato lo svantaggio più forte, guadagnando il 26% in meno rispetto ai locali, anche a parità di occupazione. Anche i lavoratori provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa hanno subito un calo significativo, con una media del 23,7% in meno. Al contrario, gli immigrati provenienti da altri Paesi occidentali hanno registrato solo un divario salariale del 9%.

Chinese guest workers set to flood a tiny Hungarian town
Foto: Pix4free

La seconda generazione se la cava meglio

I figli degli immigrati hanno generalmente affrontato svantaggi molto più ridotti. I lavoratori di seconda generazione hanno guadagnato complessivamente il 5,7% in meno rispetto ai nativi e, a parità di lavoro, il divario è sceso a poco più dell’1%. I risultati suggeriscono che, sebbene l’integrazione migliori nel corso delle generazioni, le barriere strutturali rimangono.

Sovraqualificazione e talento sprecato

Una sfida correlata è che molti immigrati sono sovraqualificati per i lavori che svolgono. Secondo Eurostat, quasi il 40% dei cittadini extracomunitari nell’UE lavorava in posizioni inferiori al proprio livello di competenza nel 2023. Questo rappresenta un’importante perdita di potenziale, sia per gli individui che per le economie ospitanti che si trovano ad affrontare un’incombente carenza di competenze.

Politiche per colmare il divario

Gli esperti sostengono che politiche mirate potrebbero ridurre in modo significativo la disuguaglianza salariale. Le misure suggerite includono la formazione linguistica e professionale, il riconoscimento delle qualifiche straniere e i programmi di collocamento che mettono direttamente in contatto i migranti con i datori di lavoro.

Diversi Paesi hanno recentemente introdotto delle riforme:

  • Nel 2024, la legge sull’immigrazione qualificata della Germania ha permesso ai laureati stranieri di lavorare in attesa del riconoscimento del titolo di studio.
  • La Francia ha riformato il suo permesso “Carte Talent” per attrarre professionisti qualificati, soprattutto nel settore sanitario.

I ricercatori sottolineano che tali politiche sono vantaggiose non solo per gli immigrati, ma anche per i Paesi ospitanti, in quanto aumentano la produttività, incrementano le entrate fiscali e riducono le disuguaglianze. Come hanno detto: “Una politica di immigrazione intelligente non finisce al confine, ma inizia lì”.

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