Grande serata di apertura del 2° Budapest International Film Festival al Corvin Cinema – foto

Il Cinema Corvin, una delle sale più storiche di Budapest, era in fermento la sera del 25 ottobre, quando il secondo Budapest International Film Festival (BIFF) ha aperto le sue porte. E Daily News Hungary era presente, per non perdere uno degli eventi culturali più importanti della capitale.
Se c’è una scena che ha catturato la crescente fiducia del Budapest International Film Festival (BIFF) di quest’anno, è stato il foyer affollato del Corvin Cinema sabato sera. I bicchieri di vino tintinnavano mentre registi, critici e curiosi appassionati del grande schermo si scambiavano le opinioni su una nuova e audace stagione cinematografica.
Il Festival Internazionale del Cinema di Budapest amplia la sua portata
Dopo l’ottimo debutto dello scorso anno, il festival ha raddoppiato la durata e ampliato le sue ambizioni. “Volevamo raccontare una storia più grande”, ha detto il direttore del festival Krisztián Horváth nel suo discorso di apertura, davanti a un auditorium gremito. “Un festival cinematografico dovrebbe avere un’anima, e il nostro sta crescendo”. Si è trattato di un discorso breve e modesto, ma che ha lasciato intendere il crescente profilo internazionale del BIFF.
In effetti, Budapest sta rapidamente diventando una tappa fondamentale nel circuito cinematografico dell’Europa centrale; non è ancora un rivale di Venezia o Cannes, ma non è nemmeno più una curiosità regionale. Nei prossimi nove giorni, il Budapest International Film Festival proietterà quasi quaranta titoli, da prestigiosi vincitori internazionali a gemme sperimentali e una nuovissima sezione di concorso, Bloom, dedicata ai registi emergenti di tutto il mondo.
Horváth ha anche annunciato una serie di nuove iniziative che riflettono la crescente sofisticazione del Budapest International Film Festival: il festival vanta ora una giuria ufficiale e premi, il BIFF Hub per conversazioni approfondite con ospiti internazionali e un programma di mentoring BIFF Campus per quattordici studenti. Oltre ad una grande festa di apertura e di chiusura, le proiezioni si svolgeranno anche in luoghi alternativi di grande impatto, dal deposito del tram di Szépilona convertito al Municipio e agli Studi Korda di Etyek, mentre una mostra delle Polaroid di Robby Müller al Capa Centre aggiunge un tocco distintivo al programma ampliato di quest’anno.
Ad aprire il programma ufficiale del Budapest International Film Festival è stato Two Prosecutors, l’ultimo film dell’acclamato regista ucraino Sergei Loznitsa.
Two Prosecutors: un ritratto agghiacciante della tirannia burocratica
Sergei Loznitsa, noto per i suoi documentari crudi(Maidan, Funerale di Stato) e per la sua fiction come Donbass, torna con Two Prosecutors, un film tranquillo e inquietante ambientato nell’Unione Sovietica di Stalin. Racconta la storia di Kornyev, un giovane procuratore (interpretato con tranquilla intensità da Aleksandr Kuznetsov), che scopre torture e accuse inventate all’interno dell’NKVD (il ministero degli Interni e la polizia segreta dell’Unione Sovietica). Mentre cerca di fare giustizia, viene trascinato più a fondo in un sistema progettato per schiacciare il dissenso attraverso il silenzio e la procedura.
Lo stile di Loznitsa è controllato come sempre. La telecamera si muove raramente, costringendoci ad assistere alla soffocante immobilità del potere burocratico. La fotografia di Oleg Mutu è cupa e precisa; ogni fotogramma è freddo, composto e pieno di terrore. L’assenza di musica non fa che acuire la tensione.
L’interpretazione di Kuznetsov conferisce al film il suo peso emotivo. Kornyev inizia come un idealista, ma quando affronta il freddo e calcolatore Vyshinsky (un agghiacciante Anatoliy Beliy), la sua fede nella giustizia si sta tranquillamente disfacendo. Loznitsa non drammatizza il crollo, ma lascia che si svolga in piccoli, insopportabili incrementi.
Two Prosecutors sembra senza tempo nella sua rappresentazione della complicità, di come i sistemi disumanizzino non con il caos, ma con l’ordine. È uno dei film più raffinati di Loznitsa e lascia un silenzio profondo e inquieto anche dopo la sua conclusione.
Una formazione audace e senza confini
Se la serata di apertura è indicativa, il secondo anno del Budapest International Film Festival è da tenere d’occhio. La line-up è ampia e rinfrescante, saltando attraverso i confini e gli stili: dal sardonico Kontinental ’25 di Radu Jude al filosofico e cupo No Other Choice di Park Chan-wook, fino al nuovo lungometraggio sorprendentemente autentico del portoghese Pedro Pinho, I Only Rest in the Storm.
C’è una vera energia anche nel filone Bloom, una vetrina per voci nuove e necessarie. Tra i titoli di spicco figurano My Father’s Shadow di Akinola Davies Jr. e We Believe You, il debutto tranquillamente devastante di Charlotte Deville, che è già stata annunciata come una svolta.
Altrove, la sezione Anzix è sperimentale, con prodotti di frontiera come Eastern Anthems e un nuovo lavoro del regista minimalista James Benning. E per coloro che sono attratti dalla memoria e dal ritorno, Homeward Bound offre una retrospettiva accuratamente assemblata – da Terence Davies a Víctor Erice e Chantal Akerman – che ripercorre la lunga preoccupazione del cinema per la casa.
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Un passo avanti fiducioso
Quando la folla si è riversata fuori dalla sala cinematografica, l’atmosfera era carica; alcuni erano tranquillamente sbalorditi, altri erano impegnati in un profondo dibattito. Due Procuratori aveva chiaramente toccato un nervo scoperto, lasciando i critici e i frequentatori del festival con molto su cui riflettere.
Per essere un festival ancora agli inizi, il BIFF si sente già straordinariamente sicuro di sé. Giunto al suo secondo anno, il Budapest International Film Festival bilancia una visione globale con un forte impulso locale, essendo serio sul cinema, ma mai presuntuoso. Sotto il direttore artistico Horváth, il festival si sta trasformando in qualcosa di più di un semplice programma di proiezioni. Il Festival Internazionale del Cinema di Budapest sta diventando un punto di incontro culturale, che pone Budapest saldamente sulla mappa come una delle capitali cinematografiche europee in ascesa.









