I miscelatori di veleno di Tiszazug: Un capitolo oscuro della storia criminale ungherese

La storia dei Fabbricanti di angeli di Nagyrév, o in altre parole, dei miscelatori di veleno di Tiszazug, rimane uno degli episodi più oscuri e scioccanti della storia criminale ungherese. Negli anni ’10 e ’20, centinaia di donne nei villaggi isolati di Tiszazug ricorsero all’arsenico per sfuggire a circostanze disperate: mariti violenti, parenti malati e figli indesiderati erano tra le vittime.

La triste storia delle mescitrici di veleno di Tiszazug

All’inizio del XX secolo, Tiszazug – una regione remota nella Grande Pianura Ungherese – divenne la scena di un’agghiacciante ondata di crimini, ricordata come uno dei casi criminali più inquietanti dell’Ungheria. Come riporta Refresher, per quasi due decenni, un gruppo di donne nei villaggi di Nagyrév e dintorni usò l’arsenico per far fronte a condizioni insopportabili: mariti violenti, familiari malati o anziani e, in alcuni casi, i loro stessi figli.

Una figura chiave in questa tragica saga era l’ostetrica locale Zsuzsanna Oláh, conosciuta come la signora Gyula Fazekas, che produceva e vendeva il veleno che divenne tristemente noto come “acqua della mosca”. L’ondata di omicidi fu guidata da estrema povertà, abusi domestici e un senso di totale impotenza in una società patriarcale e isolata. Per molte donne, il veleno sembrava l’unica via d’uscita.

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I miscelatori di veleno di Tiszazug. Foto: Wikimedia Commons/Unknown

In questi villaggi Tiszazug, la vita delle donne era spesso predeterminata: matrimoni forzati, mariti brutali e nessuna via legale per il divorzio erano la norma. Le guerre mondiali non fecero che peggiorare le condizioni, con gli uomini locali inviati nei campi di prigionia e i soldati stranieri che li sostituivano, dando vita a relazioni clandestine per molte donne.

La mancanza di contraccezione, le gravidanze indesiderate, la povertà diffusa e la natura soffocante e chiusa della vita rurale crearono un’atmosfera tesa e opprimente. In questa desolante realtà, la levatrice svolgeva un ruolo centrale non solo nel far nascere i bambini, ma anche nell’eseguire aborti segreti e, come si è scoperto, nel favorire gli omicidi. L'”acqua di mosca” era un veleno facilmente disponibile, che si infilava facilmente nel pranzo della domenica o nel caffè pomeridiano.

Come è diventato uno scandalo internazionale

Il caso Tiszazug esplose nel 1929, quando una lettera anonima spinse le autorità a lanciare un’indagine. Più di 160 corpi riesumati risultarono positivi all’arsenico. Sebbene alcune delle accusate, tra cui la signora Fazekas, si siano suicidate, 28 donne sono state processate, collegate a un totale di circa 162 omicidi. Gli esperti stimano che il numero reale delle vittime possa aver raggiunto le 300, anche se molti casi rimangono irrisolti per mancanza di prove.

Durante il processo, molti imputati hanno cercato di scaricare la colpa sull’ostetrica ora deceduta. Altri hanno descritto il veleno come un ‘rimedio’ per la sopravvivenza quotidiana, una fuga disperata dagli abusi. I media hanno trasformato la vicenda di Tiszazug in una sensazione a livello nazionale e internazionale, e le donne sono state rapidamente etichettate come “vedove nere”, “donne demoniache” e “assassine di mariti”.

Una nuova ricerca offre una prospettiva più profonda

Se inizialmente gli omicidi di Tiszazug possono sembrare una macabra storia dell’orrore, le ricerche successive dipingono un quadro più sfumato. Una combinazione di povertà, repressione sessuale e sociale e abusi costanti ha creato una vita così miserabile che, per molte donne, sembrava non esserci alternativa.

I ricercatori dell’Università Eötvös Loránd e la storica Mónika Mátay hanno evidenziato le profonde problematiche sociali alla base delle azioni di queste donne. Il caso Tiszazug non è solo un racconto criminale ammonitore: è lo specchio di un’intera epoca, che riflette i tragici destini delle donne, le loro strategie di sopravvivenza e il silenzio devastante delle loro comunità.

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