“In Ungheria siamo lontani dal poter mettere la mente in controtendenza”

“Siamo ancora lontani dal poter tranquillizzare,” il pericolo posto dalla prevista riforma della normativa sull’asilo di Dublino e dalla distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo all’interno del Unione europea è lungi dall’essere finita, ha detto lunedì sera a Bruxelles Szabolcs Takács, ministro di Stato presso la Presidenza del Consiglio, dopo aver partecipato alla riunione dei ministri degli Stati membri dell’UE responsabili degli affari europei.
Il Ministro aggiunto per gli Affari europei presso la Presidenza del Consiglio si è rallegrato del fatto che la Commissione europea sembri aver preso la posizione secondo cui, nella gestione della crisi, dobbiamo porre molta enfasi sulla dimensione esterna della migrazione.
“Accogliamo con favore questo sviluppo perché questo è ciò che diciamo ormai da due anni e, infine, anche l’UE sta cominciando a raggiungere questa conclusione”
Takács lo ha detto all’agenzia di stampa ungherese MTI in un’intervista telefonica.
Ha aggiunto allo stesso tempo che le “siamo ancora molto lontani dal poter mettere la mente in pausa, poiché ad esempio il Parlamento europeo ha concluso solo la settimana scorsa con un’ampia maggioranza che il futuro sistema di asilo dell’UE deve includere un regime di reinsediamento obbligatorio” che il governo ungherese ritiene inaccettabile e respingerà con la massima fermezza.
Secondo il Ministro di Stato, è un grosso problema anche quello della riunione del Consiglio di martedì
“diversi Stati membri hanno suggerito che la decisione relativa al reinsediamento obbligatorio possa essere adottata anche a maggioranza qualificata”
nonostante il fatto che “questo sarebbe completamente contrario alla decisione dei capi di Stato e di governo dell’UE confermata in più occasioni in base alla quale può essere messo in atto solo un tale regime di asilo accettabile per ogni Stato membro”.
Takács ha infine ritenuto inaccettabile che la Commissione desideri gestire le sfide demografiche vissute in Europa, incoraggiando i canali legali di migrazione e reinsediando i cittadini di paesi terzi a fini occupazionali”.

