Il divario di percezione: L’infelicità cronica dell’Ungheria

“Ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le maledette bugie e le statistiche”. – Mark Twain. L’osservazione di Twain difficilmente potrebbe essere più azzeccata. Le statistiche non sono intrinsecamente false, ma possono essere fuorvianti se private del contesto o interpretate senza comprendere la cultura sottostante. E questo è più evidente che in Ungheria, dove un sondaggio dopo l’altro mostra lo stesso modello di insoddisfazione cronica.

L’indagine sulla soddisfazione finanziaria EU-SILC del 2022, citata nell’articolo del Daily News, ha rilevato che gli ungheresi hanno ottenuto un punteggio di 5,9 su 10, al di sotto della media europea di 6,6. In superficie, questo dato sembra preoccupante, ma se lo si analizza nel contesto, fa parte di una tendenza costante e a lungo termine.

Negli ultimi 13 anni, gli ungheresi hanno costantemente ottenuto un punteggio di circa 0,7 punti al di sotto della media europea, posizionandosi ripetutamente nel terzo inferiore dei Paesi dell’UE, generalmente tra il 20° e il 27° posto su 27. Questa classifica è rimasta notevolmente stabile nel corso degli anni. Questa classifica è rimasta straordinariamente stabile nel tempo, il che non indica una privazione materiale, ma una percezione.

Gli ungheresi, a quanto pare, hanno l’abitudine di vedere la loro situazione nella luce peggiore possibile. Nonostante l’aumento dei salari, il calo della disoccupazione e i miglioramenti misurabili nelle infrastrutture e nei servizi sociali, gli ungheresi valutano la loro situazione finanziaria – e spesso la loro qualità di vita – in modo più negativo rispetto a quasi tutti gli altri Paesi dell’UE. I numeri in sé non sono sorprendenti, se si comprende la lente culturale attraverso la quale vengono visti.

Parte di questa lente è l’idealizzazione dell’Occidente. L’Europa Occidentale, e il mondo occidentale più in generale, sono costantemente romanticizzati dai media ungheresi, dalla pubblicità e dalla cultura popolare. Ciò che i telespettatori vedono in televisione o online, città splendenti, beni di consumo abbondanti e programmi di lifestyle, crea un punto di riferimento mentale che è raramente raggiungibile nella vita quotidiana. Confrontandosi con uno standard idealizzato piuttosto che con la propria realtà, gli ungheresi sottovalutano sistematicamente i loro progressi.

Questo fenomeno non è del tutto unico, ovviamente; gli esseri umani tendono a confrontarsi con esempi aspirazionali. Ma in Ungheria è radicato. I sondaggi suggeriscono un riflesso culturale di concentrarsi sulle carenze: supporre che gli altri abbiano di più, che le circostanze altrove siano migliori e che il futuro sia destinato a deludere. Le condizioni materiali da sole non spiegano completamente questo atteggiamento.

Consideri le statistiche dell’ultimo decennio. Mentre la media dell’Unione Europea per la soddisfazione finanziaria si aggira costantemente intorno a 6,6, il punteggio dell’Ungheria raramente supera il 6,0. Le classifiche collocano l’Ungheria costantemente negli anni ’20, non perché la vita sia drasticamente peggiore rispetto ai Paesi vicini, ma perché gli ungheresi la percepiscono come tale. Anche negli anni di crescita economica o di bassa inflazione, i sondaggi riflettono la stessa mentalità del “bicchiere mezzo vuoto”.

Gli stessi ungheresi potrebbero trarre beneficio dalla riflessione sui modelli percettivi rivelati da questi sondaggi. La soddisfazione e la felicità riguardano tanto la mentalità quanto le condizioni materiali. Il fatto che gli ungheresi continuino a posizionarsi in fondo all’Europa per quanto riguarda il benessere autovalutato, nonostante i miglioramenti misurabili del tenore di vita, indica che la percezione e l’aspettativa sono i fattori chiave dell’insoddisfazione riportata.

L’infelicità cronica degli ungheresi non è semplicemente un prodotto delle cattive condizioni economiche. È abituale, rafforzata da narrazioni culturali, paragoni idealizzati con l’Europa occidentale e una tendenza a dare per scontato il peggio. Se i politici, i giornalisti e i cittadini vogliono capire il vero stato della nazione, devono guardare oltre i numeri grezzi, considerare le tendenze storiche e riconoscere la profonda influenza della percezione.

Le statistiche non mentono, ma illuminano il modo in cui vediamo noi stessi e le nostre circostanze. Gli ungheresi sono costantemente tra i meno soddisfatti in Europa, non necessariamente perché stanno peggio, ma perché pensano di esserlo. Finché questa percezione non cambierà, i sondaggi continueranno a raccontare la stessa storia, anno dopo anno.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *